Cento Fogazzi per una Franchi.
Esiste un’imprenditoria femminile che libera e una che deprime. Contare quante donne stanno al tavolo non basta.
Per essere sicura di non tralasciare nemmeno uno degli stereotipi patriarcali più crudeli, Elisabetta Franchi, dopo aver dichiarato di assumere solo donne sopra i 40 anni perché hanno già “fatto figli, sposato o divorziato” e quindi son pronte a “lavorare H24”, ha subito anche aggiunto che: “noi donne abbiamo la grande responsabilità del focolare”.
Il modello di vita a cui aspira Franchi è quello della donna schiava del focolare, piegata solo nella dimensione della famiglia fino ai 40 anni e poi schiava del lavoro, piegata solo nella dimensione produttiva dopo i 40. Una vita di produzione inesausta del valore a ritmo continuo, incessante, totalmente estroflesso dal sé, dalle proprie aspirazioni, dai propri desideri, sempre a vantaggio di altri. Lavoro di cura per uomini e prole prima, lavoro salariato h24 per l’imprenditrice poi. Il modello del sacrificio-totale. Una distopia degna di un romanzo di Margaret Atwood.
Quando si discute di questioni di genere e femminismo, di come il mondo del Business stia cambiando in senso più egualitario o di come si stiano abbattendo gli stereotipi, è questo innanzitutto che bisogna tenere presente: non basta contare le teste. Non basta fornire un’analisi quantitativa del numero di donne nei parlamenti, nei Cda, nei luoghi di comando. Non basta nemmeno valutare l’impatto che la presenza di più donne in consessi decisionali ha su temi etici o modelli di governance e leadership.
Non basta perché conta 1 una Elisabetta Franchi che ci vuole schiave, esattamente quanto conta 1 una Cristina Fogazzi che ci vuole libere.
Cosa vuol dire libere? Nel caso di Fogazzi, significa libere dagli stereotipi di genere, secondo i quali una donna dovrebbe per forza mascolinizzarsi per farsi valere in posizioni di leadership; libere da un’industria estetica che vende modelli inarrivabili per poi vendere soluzioni impraticabili per poi lucrare sulla frustrazione psicologica e fisica di chi non si rassegna; libere dalle mitologie del “se vuoi puoi”, perché Fogazzi ha costruito un universo imprenditoriale (che è anche un universo di senso, una community) senza aver ereditato alcunché e sa quanto sia difficile crearsi da sé un ascensore sociale che è rotto nella società e nel Paese.
Non basta che una donna sia al vertice, dipende da dove punta il vertice: è vettore di ulteriore oppressione o di liberazione per le altre donne?
Il grande merito di Fogazzi non è certo di assumere regolarmente o dare la possibilità di vivere lavoro e famiglia senza rinunciare ad una delle due dimensioni a molte donne, bensì quello di non ha paura di dire che si può fare imprenditoria pagando decentemente, tenendo un turnover dei dipendenti basso, rispettando le regole, provando anzi a fare sia imprenditoria che sensibilizzazione su temi di impegno civile e di giustizia di genere. È faticoso ma è possibile.
Esiste un’idea di imprenditoria triste, di Franchi, basata sul sacrificio e la vessazione delle vite femminili, oppure esiste un’imprenditoria, come quella di Fogazzi, che si costruisce con gioia intorno all’idea che la vita vada goduta, fino in fondo, e allora bisogni emanciparsi dai dispositivi di potere che sfruttano il corpo delle donne, dalle aspettative tossiche che sulle donne si abbattono, dalle sofferenze auto inflitte dalle donne a se stesse perché vittime di sindrome dell’impostore o falsa coscienza di non esser mai all’altezza.
Se si contano le teste, Franchi e Fogazzi contano 1 a 1. Ma quando si valuta lo stato dell’emancipazione femminile, della giustizia di genere, della lotta alla discriminazione, Franchi vale -1 mentre Fogazzi vale decine di donne impiegate decentemente, centinaia di donne impegnate in campagne di mobilitazione e sensibilizzazione, migliaia di donne che possono sperare in un’imprenditoria decente.
Come se ci fosse bisogno di ribadire, nel 2022, che il valore delle persone, delle donne, non dipende né da se scelgono di essere madri né da se scelgono di essere impiegate h24. Il valore delle persone, delle donne, dipende dalla decenza dell’umanità che costruiscono attraverso la propria vita, le proprie parole e le proprie opere, di ogni tipo. Esiste un’umanità migliore che crede ancora che gli scambi economici, come ogni altro scambio sociale, debbano servire a costruire non sofferenza ma libertà.